Viaggio con Daniele Gangemi, in Una notte blu cobalto
in esclusiva per ersuonline.it
Osservandolo di primo acchito potresti scambiarlo per Nanni Moretti. Barba folta color ruggine, modi gentili, occhi vispi e attenti ma sovente rapiti da visioni personali. Daniele Gangemi è il regista catanese di Una notte blu cobalto, film ambientato interamente a Catania.
Certo l’associazione è azzardata, seppur beneaugurante, e Daniele non sembra proprio l’ideal tipo weberiano del Catanese. Nella sua pellicola, però, ricostruisce una città bellissima, in un gioco di chiaroscuri che ne esalta le barocche e fragili bellezze.
Al suo primo film, il regista dirige una commedia surreale legata alla pizzeria Blu cobalto, intorno alla quale ruota la vita di Dino Malaspina, uno studente universitario giunto alla fine di una storia d’amore e disilluso. Ma nulla è immutabile, e proprio in una notte color blu cobalto tutto può ancora accadere. “Anche di incontrare due imprenditori, quelli che poi diventeranno i produttori del film, – racconta Daniele – che dopo aver letto la sceneggiatura decidono di creare la casa di produzione Orchidea, proprio perché il sogno diventi realtà”.
Il film è in programmazione dal 18 giugno, già vincitore del Platinum REMI Award come miglior opera prima al Worldfest di Houston. Cast di primo piano con Corrado Fortuna, Regina Orioli e Alessandro Haber ma anche molti attori siciliani sottratti al teatro. “Oltre al regista anche i produttori sono catanesi, – continua Daniele – sono state coinvolte maestranze siciliane, per non parlare degli attori risucchiati in buona parte dal teatro. L’idea del film nasce nel 2002, mentre preparavo il mio primo cortometraggio. Vivevo a Bologna e probabilmente la distanza dai luoghi e dai personaggi, che poi la pellicola andrà a catturare, mi ha permesso di scoprire nuovi punti di vista che magari se fossi rimasto mi sarebbero sfuggiti”.
Perché hai scelto di ambientare il film proprio nella tua città?
“Io sono stato tanti anni fuori per motivi di formazione però ad un certo punto ho deciso di tornare. In quegli anni non sapevo come sarebbe andata. L’argomento che affronto è universale. Per un regista, però, ambientare la fine di una storia d’amore a casa propria ha un vantaggio inevitabile, soprattutto a livello evocativo, nel senso che ogni luogo, ogni strada, si porta dietro dei ricordi, delle esperienze, dei fantasmi in certi casi. E volevo che Catania potesse assurgere a vera protagonista accanto agli attori”.
E i tributi alla città sono palpabili, dalla danza attorno al Liotro alle rapide corse con la macchina da presa in luoghi poco conosciuti e suggestivi. In un viaggio notturno, popolato da personaggi stravaganti e insoliti, nel quale una pizzeria può diventare anche un luogo dell’anima.
“Dino Malaspina, il protagonista, – Daniele si fa più serio e narrativo – si trova in un momento delicato della sua vita, perché è rimasto solo e deve imparare a rialzarsi. In questa lunga nottata onirica, l’incontro con la Blu cobalto è determinante. Ho sempre pensato che nella vita le battaglie più difficili si combattono contro sé stessi e allora il gioco era cercare di affrontare i demoni di Dino così come si affronterebbero i nemici in una battaglia. Quindi faceva gioco l’utilizzo di un trattato di strategia militare messo in bocca a Turi (Alessandro Haber, proprietario della pizzeria) quasi come consigli che può dare un padre in una chiave non ordinaria. Lavorando sull’idea di Pirandello del senso del comico”.
A questo punto, l’opera prima è andata. Adesso aspettiamo la seconda.
“I film sono come dei figli, finché non li vedi camminare con le loro gambe fai fatica a staccartene da padre. C’è più di un’idea e tante sono storie siciliane, catanesi, che mi piacerebbe raccontare. Quando i tempi saranno maturi vedremo su quale lavorare”.
Luigi D’Angelo