STUDIO DELLE NECROPOLI (VIII-IV secolo a.C.)

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STUDIO DELLE NECROPOLI (VIII-IV secolo a.C.)
«SICILIA ARCAICA, UN BAMBINO SU TRE NON SUPERAVA IL PRIMO ANNO DI VITA»

La “mors acerba” li raggiungeva appena nati dal travagliato parto, quasi fosse una rassegnata consuetudine per molti bambini nella Sicilia Greca. A loro erano riservati particolari riti funebri e apposite aree di sepoltura.

È uno scenario inedito, ancora poco approfondito per l’archeologia tanatosemiologica, quello del tema della mortalità infantile nella Sicilia arcaica proposto al convegno internazionale “Nel mondo di Ade. Ideologie, spazi e rituali funerari per l’eterno banchetto (VIII-IV secolo a.C.)”, che oggi – martedì 8 giugno al Palazzo Pignatelli di Gela – si conclude dopo una tre giorni promossa dalle Soprintendenze ai Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta e Ragusa – rispettivamente dirette da Rosalba Panvini e Vera Greco – in collaborazione con SiciliAntica – Associazione per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali – sedi di Ragusa e Gela, presieduta a livello regionale da Giuseppe Lo Porto.

«Dai profondi insediamenti di Gela e Camarina, addentrandosi nell’ancestrale entroterra nisseno, fino a raggiungere i resti di Himera e delle altre necropoli del palermitano, o ancora, dalle testimonianze che provengono dall’antica Lipari ai rituali sacri a bordo della navi  – ha spiegato la soprintendente Panvini –  gli archeologi di fama mondiale riuniti in Sicilia per un confronto ricco di fascino storico, sono riusciti a delineare un percorso scientifico a ritroso nel tempo».

«L’elevato numero di sepolture infantili, soprattutto entro il primo anno di vita – hanno spiegato Francesca Spatafora della Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Palermo e Bianca Ferrara e Stefania Visco dell’Università Federico II di Napoli – offre una significativa evidenza e una migliore comprensione degli usi e dei costumi funerari diffusi negli insediamenti della Sicilia arcaica, con particolare riferimento alla dibattuta questione dell’esistenza di apposite aree destinate alla sepoltura dei bambini, dove l’uso prevalente – così com’è stato possibile appurare nella necropoli arcaica del Borgo di Gela, in cui su 577 casi di deposizione ben 233 sepolture appartenevano alla categoria dei più piccoli – è quello dell’inumazione con l’impiego di una grande varietà di contenitori fittili».

Un alto tasso di mortalità per i bambini che, in alcune zone dell’Isola, si aggirava intorno al 40%: «Nel periodo pre o neonatale le cause di morte sono da attribuire ai rischi del parto e ai lavori faticosi sostenuti dalle donne – hanno sottolineato Rosaria Di Salvo e Vittoria Schimmenti del Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas” di Palermo – mentre per i decessi di età compresa fra uno e tre anni fattore decisivo era l’inizio tardivo dello svezzamento, dopo un allattamento prolungato, che causava gravi squilibri nella dieta».

Attraverso una vasta documentazione archeologica il convegno dunque ha fornito una preziosa chiave di lettura per l’habitus mentale che caratterizzava un contesto di forte connotazione ideologica come quello funerario.
La convention è stata curata dall’Associazione SiciliAntica di Gela presieduta da Stefania Picone, in collaborazione il Club Lions di Gela presieduto da Salvatore Migliore, l’Università di Catania – Facoltà di Lettere (preside Enrico Iachello e Sergio Guglielmino), il Corso di Laurea per la formazione di operatori turistici (prof. Dario Palermo), la Raffineria di Gela.