Progetti Vulnerabilità sismica

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Progetti Vulnerabilità sismica

ACI CASTELLO. Gli edifici storici e strategici catanesi sono da adeguare al più presto alle nuove tecniche anti-terremoto

anche per evitare un altro “caso” Abruzzo con centinaia di morti e migliaia di sfollati. E su questa tema ieri, nei locali del President Park Hotel, ingegneri, docenti universitari ed esperti si sono confrontati nel corso del convegno tecnico-scientifico sul tema “Vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio” organizzato dall’Ateneo, l’unico in Italia ad avere istituito un ufficio speciale per la valutazione del rischio sismico del patrimonio edilizio di ateneo. “Il rischio sismico a Catania è elevato – ha spiegato Michele Maugeri, docente di Ingegneria e dal 2002 coordinatore nazionale del “Progetto Catania” finanziato dal Gruppo Nazionale Difesa Terremoti per la valutazione del rischio sismico del comprensorio catanese -, tutte le abitazioni del centro storico e, comunque, tutte quelle costruite prima del 1981 non sono antisismiche e quindi a rischio. Purtroppo negli anni ’90, dopo il terremoto della Val di Noto, non siamo stati capaci di spendere per intero un finanziamento di 4.600 miliardi di lire per adeguare gli edifici antisismici. Mille miliardi sono stati restituiti in quanto inutilizzati”. Parole riprese, ancor più duramente da Gesualdo Campo, Sovrintendente Beni Culturali ed Ambientali di Catania, il quale ha lanciato strali alle istituzioni ree di essere sorde davanti alle “situazioni preoccupanti” rappresentate dalla Casa del Balilla e dal Collegio dei Gesuiti che “necessitano al più presto di interventi di adeguamento”. “Non voglio creare allarmismi, ma i lavori del Genio civile della Casa del Balilla sono bloccati dal ’97 per via del Centro Experia, mentre quelli del Collegio dei Gesuiti, che ospita l’Istituto d’arte, perché non si è trovata un’adeguata sistemazione ai mille studenti che lo frequentano. Si tratta di interventi per 5,5 milioni di euro”. Parole rassicuranti però sulle condizioni di diversi edifici pubblici, come Palazzo Minoriti che ospita la Prefettura “in quanto soggetti ad interventi negli anni scorsi” ha aggiunto Campo. “Catania è stata ricostruita dopo il terremoto del 1693 con le regole urbanistico-strutturali antisismiche di allora ed, infatti, si possono notare i larghi spazi realizzati in piazza Duomo, in piazza Università o in piazza Mazzini – ha aggiunto Campo -, purtroppo molte strutture dell’800 che, contrariamente a quelle destinate ad edifici pubblici, hanno mantenuto la loro originaria destinazione come le chiese necessitano di interventi”. Ma nel corso del convegno si è discusso anche di tecniche di adeguamento delle strutture in muratura realizzate nei secoli scorsi. Per Luigi Bosco, presidente della Fondazione dell’Ordine degli Ingegneri etnei, “la situazione etnea non è drammatica come quella abruzzese in quanto i costruttori di allora utilizzarono la pietra lavica, una pietra resistente”. “E’ ovvio che queste strutture necessitano di interventi, magari con la tecnica dei cordoni in cemento armato o in muratura stessa per renderli antisismici – ha spiegato Bosco -, a rischio sono principalmente le opere antecedenti all’81 non resistenti alle trazioni di un terremoto. Dispiace che nel 2000 svariati miliardi di lire, inviati dall’allora ministro all’Interno Enzo Bianco, non vennero del tutto spesi a Catania per la messa in sicurezza di diversi edifici”. Un appello al Comune di Catania lo ha rivolto Carmelo Maria Grasso, presidente dell’Ordine degli Ingegneri: “Occorre approvare al più presto la rimodulazione del Regolamento edilizio, necessario per salvare i centri storici, e mettere anche mano al nuovo piano regolatore. Occorre poi porre attenzione anche alle strutture realizzate tra l’81 e il ‘96”. Infine, il preside di Ingegneria, Luigi Fortuna, ha posto l’accento sulla “lunga tradizione nell’ambito dell’Ingegneria Sismica da parte della facoltà e del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale grazie anche agli studi in campo urbanistico e territoriale condotti da Giovanni Campo”. “Il Dica è in stretta collaborazione anche con il Dipartimento nazionale di Protezione Civile e con la Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica (Reluis) anche per la gestione dell’emergenza post-sismica – ha aggiunto Fortuna -, nelle prossime settimane docenti e ricercatori etnei effettueranno verifiche di agibilità degli edifici danneggiati a seguito del terremoto in Abruzzo. In campo formativo sarà istituito un corso di laurea in Ingegneria Sismica che si aggiunge al dottorato di ricerca in Ingegneria Strutturale e Geotecnica”.

Alfio Russo