Mentre si è rapiti dall’uragano
Recensione di “Cattive Abitudini” dei Massimo Volume – Ottobre 2010 – La Tempesta
di Salvo Messina
E’ un processo empatico immediato, una simbiosi endemica.
Inserito il cd nel lettore, mentre scorre, fra woofer e twitter, il tracciato sonoro introduttivo del primo pezzo (Robert Howell) di “Cattive Abitudini”, il nuovo Album dei Massimo Volume, svanisce l’incertezza e si sbriciola ogni incrostazione del tempo d’attesa: la band seminale dello “spoken word” italiano è rientrata nel giro del rock nazionale in maniera formidabile. C’è Vittoria con il battito dolce, ma sferzante, sui tamburi. E’ tornato Egle, il suo proverbiale tocco di dita sul legno mistico della chitarra. E c’è Mimì con il suo basso sfiorato, con la magnifica galleria di romantici fantasmi decadenti fra paesaggi urbani senza tempo.
Si, non ci sono dubbi: un disco questo più che aspettato dai fan della band bolognese, desiderato, bramato. Gli ostinati, perseveranti, martiri del reading rock hanno avuto ragione: nel 1999 non era uno scioglimento, ma una sospensione che doveva decantare, che aveva bisogno di 2 lustri, utili a superare indenni gli anni a triplo zero, per coagulare in un suono tradizionale per il gruppo, ma straordinariamente contemporaneo, che parla la lingua del rock minimale ed analogico d’oltreoceano. Ed eccoci dunque a parlare di questo disco, del nuovo viaggio narrativo fatto di storie scritte e recitate da Clementi e musicate dai suoi soci (da sottolineare il buon innesto di Pila alla chitarra “armoniosa”).
Su Litio, anche se non viene mai citato esplicitamente si riconosce la sagoma di Leo Mantovani, da sempre fucina d’ispirazione per lo scrittore-bassista di San Benedetto del Tronto; Tra la sabbia dell’oceano è risveglio, ribellione e cura dagli stati vegetativi imposti dalla società occidentale; Avevi fretta di andartene è una struggente canzone appassionata, una preghiera laica all’amore di una vita; La bellezza violata, folk tarchiato, è una delle prove migliori di come i Massimo Volume sappiano far letteratura sonora, come se Carver fosse accompagnato dai Low; Mi piacerebbe ogni tanto averti qui è la lettera blues che avremmo voluto scrivere a nostro padre prima che se ne andasse; Fausto è un omaggio al mitico Fausto Rossi, primo produttore della band e non è un caso che le sonorità odorino molto di “Stanze”; In un mondo dopo il mondo è commiato straziante a questo disco che è un libro, un diario di giorni d’attesa ed oblio, di felicità e nostalgia, di azione e stasi. Di tutto quello che noi proviamo quando mettiamo su un disco dei Massimo Volume. Ottimo rientro, davvero.