Ernani al Museion per AEDE ed ERSU
Capolavoro del Verdi giovanile, primo, importante titolo della collaborazione con il librettista Francesco Maria Piave, “Ernani”
segna una tappa fondamentale nella parabola artistica del musicista. Al dramma lirico, tratto dalla celeberrima tragedia di Victor Hugo, ha dedicato un’articolata presentazione Giuseppe Montemagno, storico della musica e musicologo, nel corso dell’ormai tradizionale, attesissimo “Appuntamento con la lirica”, organizzato nella Sala Museion della Residenza Universitaria “Centro” dal Gruppo di Catania dell’AEDE (Association Européenne des Enseignants) e dall’Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario (ERSU) dell’Ateneo etneo. E proprio dal drammaturgo francese ha preso le mosse il relatore, occupandosi del ruolo centrale che “Hernani, ou L’honneur castillan” occupa nella storia della cultura romantica, di cui segna l’atto di battesimo. È infatti nel corso di una tempestosa serata, passata alla storia come “battaglia di Hernani”, che la tragedia fu rappresentata sulle tavole della Comédie-Française, nel febbraio del 1830, di fatto scompaginando le regole che stavano alla base della grande tradizione teatrale francese del Classicismo.
Sensibile alla nuova temperie romantica, attratto dal desiderio di cimentarsi con un soggetto che aveva già destato le attenzioni anche di Vincenzo Bellini, Giuseppe Verdi sceglie “Ernani” per il suo debutto al Gran Teatro La Fenice di Venezia, dove l’opera trionfa nel marzo del 1844. Il musicologo si è soffermato su una puntuale disamina della drammaturgia romantica dell’opera, ed in particolare sulla figura del protagonista, il bandito Ernani, aristocratico e galante, dongiovanni e seduttore, compiuta sintesi di quei fuorilegge che popolano l’immaginario europeo di primo Ottocento, da Schiller a Byron, da Auber ad Hérold. Ed è significativo che, ponendo in secondo piano l’aspetto epico e corale, proprio dei primi melodrammi risorgimentali, Verdi sintetizzi l’intero nucleo concettuale del dramma in un tema, quello del corno suonato per suggellare il patto di morte tra l’eroe e l’anziano rivale Silva, che risuona sin dal Preludio dell’opera come fosca anticipazione del tragico finale. Una conclusione, dunque, minuziosamente preparata sin dal principio dell’azione, seguendo quell’ideale di brevità (“Sia breve e liberale”, prescriveva infatti il musicista all’autore dei versi) destinato a diventare una cifra identificativa del teatro musicale di Giuseppe Verdi.