Cronache di uomini liberi”, tre incontri per parlare di giornalismo e libertà

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Cronache di uomini liberi”, tre incontri per parlare di giornalismo e libertà

“Cronache di uomini liberi” è la rassegna di testimonianze e opinioni sul mondo dell’informazione andata in scena la scorsa settimana alla Facoltà di Scienze Politiche. Una tre giorni di confronto, proposta dal Collettivo di Scienze Politiche, attraverso il susseguirsi di fotogrammi contemporanei sul mondo dell’informazione. Immortalato da uomini le cui storie raccontano, spesso, di scelte coraggiose e difficili.

 

L’apertura è dedicata a Pippo Fava e alla sua esperienza nella Catania degli anni ottanta, rivissuta attraverso le testimonianze dirette di chi è stato al fianco del giornalista, la figlia Elena e il collega Riccardo Orioles.

“Ringrazio gli studenti presenti – ha esordito Elena Fava – a distanza di 26 anni questo è il secondo incontro organizzato dall’Università di Catania. Mio padre era un intellettuale e mi piacerebbe si parlasse anche dei suoi romanzi, delle sue opere teatrali e dei suoi quadri anche se è stato un grandissimo giornalista. Tutte le sue opere, come gli articoli, erano forme di denuncia”.

Il giornalista ha legato il suo nome soprattutto ad una pubblicazione, “I Siciliani”, un giornale nuovo per l’epoca, fatto di giovani cronisti affamati che si occuperà di inchieste a tutto campo. E’ un mensile ricco di approfondimenti, dossier, immagini. “I Siciliani era un giornale libero e raccontava con schiettezza i rapporti e le collusioni in atto a Catania – dice Elena – e proprio per questo mio padre era ritenuto una persona pericolosa”. A tal punto che il 5 gennaio 1984 fu freddato da cinque pallottole alla nuca in via dello Stadio (oggi via Giuseppe Fava). Riccardo Orioles, per anni suo amico e collega, ne traccia un profilo: “Il direttore era uno scrittore profondo che, come i più grandi, viene compreso solo dopo anni. Sono convinto, comunque, che alla fine abbiamo vinto noi de I Siciliani, nonostante fossimo soli contro tutti, senza pubblicità e senza fondi”.

La seconda giornata ha posto al centro dell’attenzione il monopolio dell’informazione, decodificato dalle riflessioni di cronisti siciliani in costante lotta per l’affermazione della libera stampa. Di particolare effetto l’intervento di Pino Maniaci, il direttore responsabile di Telejato, la piccola emittente tv di Partinico, più volte minacciato dalla criminalità per i suoi servizi: “Noi facciamo quello che dovrebbero fare tutti i siciliani, denunciamo prevaricazioni e abusi, sfidiamo i boss senza paura nonostante i ricatti e le aggressioni. Ma abbiamo l’appoggio di tanti cittadini e delle forze dell’ordine. In fondo i mafiosi sono 5.000 mentre i siciliani 5 milioni. Sono fiducioso perché ho bene in mente l’insegnamento di Pippo Fava”.

Secondo Maniaci la rivoluzione del sistema stampa dovrebbe partire proprio dai giornalisti: “Il giornalismo vero si fa ormai in pochissime trasmissioni perché i giornalisti sono tutti politicizzati e passano soltanto le notizie che i politici vogliono. Noi facciamo informazione con poco, stiamo in tre stanze e andiamo avanti senza soldi ma veniamo visti da 180.000 persone”.

Nelle pieghe del confronto, la replica è di Pinella Leocata, firma del quotidiano La Sicilia, che pone l’accento sui disagi di chi del giornalismo ne ha fatto una professione: “La posizione dei giornalisti non è semplice, i tagli che stiamo subendo creano delle difficoltà. Si vuol fare il giornale senza i giornalisti, merce sempre meno indispensabile. Soprattutto quando l’editore del giornale è anche il direttore”. La giornalista catanese affronta di petto il controverso argomento del monopolio: “Il monopolio toglie libertà a noi giornalisti. Penso che l’arrivo di Repubblica a Catania sia stato importante”.

L’ultimo giornata di confronti ha visto in primo piano le esperienze di giornalismo libero in Italia riportate delle testimonianze di Sandro Ruotolo di AnnoZero e dei cronisti di Repubblica Alessandra Ziniti e Francesco Viviano.

Luigi D’Angelo