“La fine del gioco” e “Michele alla ricerca della felicità”
Data:
7 Giugno 2012
Mercoledì 6 giugno alle 20, nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini, prosegue la rassegna Cinema Segre(ga)to con le proiezioni dei film La fine del gioco di Gianni Amelio (1970) e Michele alla ricerca della felicità di Alberto Grifi, 1973. La presentazione sarà curata dal prof. Alessandro De Filippo e da Sebastiano Gesù.
La rassegna. Il cinema dà forma visibile ai sogni e agli incubi. Sul set accadono tutti i desideri e tutte le paure. Quando in sala si spengono le luci, comincia il viaggio dello sguardo nei non-luoghi dell’immaginazione spettacolare. Si perde il contatto con la propria quotidianità noiosa e inconcludente, per celebrare la libertà pura, quella del pensiero, veicolata da immagini, suoni e parole, raffigurata dal cinema.
L’esperimento di Cinema segre(ga)to si propone come un dialogo che è intenzione e attenzione. Intenzione sull’altro, attenzione per l’altro. Altro uomo, altra persona. Persona che non detiene, ma è detenuta, che non aspira a entrare in un gruppo, che vorrebbe essere individuo, urlarsi individuo e individuarsi: invece è intruppato, chiuso in sezioni, in bracci, in piani, in celle. Ha delinquito, è stato giudicato, sconta una pena. E in tutto questo c’è la realtà, i colloqui con la famiglia, le perquisizioni ordinarie e straordinarie, la scuola carceraria, il passeggio, gli agenti, il cappellano, l’educatore, il direttore. C’è la realtà di incontri e di scontri, di solidarietà e di diffidenza, di amore fraterno e di rancore. La realtà segregata e segreta, di un altro luogo. Chiuso.
La rassegna. Il cinema dà forma visibile ai sogni e agli incubi. Sul set accadono tutti i desideri e tutte le paure. Quando in sala si spengono le luci, comincia il viaggio dello sguardo nei non-luoghi dell’immaginazione spettacolare. Si perde il contatto con la propria quotidianità noiosa e inconcludente, per celebrare la libertà pura, quella del pensiero, veicolata da immagini, suoni e parole, raffigurata dal cinema.
L’esperimento di Cinema segre(ga)to si propone come un dialogo che è intenzione e attenzione. Intenzione sull’altro, attenzione per l’altro. Altro uomo, altra persona. Persona che non detiene, ma è detenuta, che non aspira a entrare in un gruppo, che vorrebbe essere individuo, urlarsi individuo e individuarsi: invece è intruppato, chiuso in sezioni, in bracci, in piani, in celle. Ha delinquito, è stato giudicato, sconta una pena. E in tutto questo c’è la realtà, i colloqui con la famiglia, le perquisizioni ordinarie e straordinarie, la scuola carceraria, il passeggio, gli agenti, il cappellano, l’educatore, il direttore. C’è la realtà di incontri e di scontri, di solidarietà e di diffidenza, di amore fraterno e di rancore. La realtà segregata e segreta, di un altro luogo. Chiuso.